Premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, successivamente sostituito dall'articolo 1, comma 35, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) e modificato dall'articolo 1, comma 209, della legge n. 160 del 2019, riconosce un credito d'imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo;
l'introduzione della misura ha avuto ampia ripercussione mediatica e ha indotto numerose imprese ad avvalersi dei benefici introdotti;
giova evidenziare che mentre fino al 2017 la certificazione poteva essere rilasciata da un professionista terzo rispetto al fruitore anche nell'ipotesi in cui il beneficiario fosse dotato dell'organo di revisione, a partire dal 2018 tale possibilità è stata soppressa, per cui le società che hanno nominato un revisore non possono che rivolgersi a lui per la certificazione;
da tempo si stanno verificando situazioni poco chiare tra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti a causa di interpretazioni e indirizzi di prassi amministrativa oggetto dell'attuale attività ispettiva da parte degli uffici per valutare la corretta fruizione del credito d'imposta (a cui si aggiunge la posizione assunta dalla Corte di cassazione che con decisione n. 29717/2020 ha fatto coincidere il concetto di credito "non spettante" con quello di "credito inesistente"), sostenendo che devono considerarsi escluse dall'ambito di applicazione della misura le spese per attività di ricerca svolte da alcune imprese;
si sta riscontrando infatti che qualora il progetto avviato dovesse risultare non coerente con la norma ed emergesse un'indebita fruizione del credito, lo stesso viene considerato "inesistente", con conseguenze gravi per le aziende e gli imprenditori;
occorre evidenziare che l'attività ispettiva da parte dell'Agenzia delle entrate non può prescindere dall'acquisizione del parere ad hoc, sui casi verificati, del Ministero dello sviluppo economico, in mancanza del quale gli accertamenti non possono essere ritenuti validi per carenza di motivazione e per infondatezza degli addebiti segnalati;
da quanto sopra emerge l'impossibilità di definire un corretto perimetro applicativo delle norme;
l'articolo 23 della Costituzione, che tutela la libertà e la proprietà individuale, impone il rispetto della funzione primaria della legalità e, conseguentemente, il contenimento della discrezionalità finanziaria;
nel sistema tributario italiano, l'imposizione è un compito demandato alla legge e non ad atti della finanza che deve limitarsi a verificare l'esistenza di quanto stabilito dalle norme,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo, ciascuno per la propria competenza, ritengano di adottare misure volte a chiarire la portata della norma richiamata e ad indicare la sua corretta applicazione, al fine di evitare ulteriori gravi conseguenze per le imprese destinatarie, da parte dell'Agenzia delle entrate, di controlli a posteriori che rilevano indiscriminatamente l'assenza del presupposto costitutivo del credito d'imposta;
se non ritengano, in ogni caso, che l'attività ispettiva dell'Agenzia delle entrate debba essere ricondotta in un perimetro che non lasci spazio ad interpretazioni aleatorie alle quali inevitabilmente consegue incertezza applicativa delle norme;
quanti siano gli accertamenti effettuati ad oggi dall'Agenzia delle entrate in merito alla fruizione del credito d'imposta;
quanti pareri, ad oggi, siano stati richiesti al Ministero dello sviluppo economico.
a seguito della richiesta inoltrata dall'ISTAT all'ufficio statistico dell'Unione europea EUROSTAT, in merito alle indicazioni da ricevere per il trattamento contabile delle detrazioni fiscali del "bonus 110" e del "Transition plan 4.0", l'organismo comunitario ha stabilito che, entrambe le detrazioni, devono essere classificate in modo diverso: "crediti fiscali non pagabili" quelle del "bonus110" e "crediti fiscali pagabili" quelle del "Transition plan 4.0";
l'impostazione di tali direttive, ad avviso dell'interrogante, risulta completamente errata, in quanto le esposte misure agevolative fiscali rappresentano in realtà, entrambe, detrazioni di natura fiscale e alla scadenza, danno il diritto a scontare le tasse, ma non al rimborso cash; pertanto, a giudizio dell'interrogante, le detrazioni fiscali del "Transition plan 4.0" non possono essere classificate come sussidi, anche nel caso in cui riducano i contributi sociali delle imprese, poiché non generano alcuna spesa aggiuntiva per l'amministrazione dello Stato, ma in realtà hanno solo l'effetto di ridurre le entrate erariali future e pertanto ricadono anch'esse nella categoria dei "crediti fiscali non pagabili";
al riguardo, l'interrogante evidenzia altresì che nella risposta da parte di EUROSTAT ed inviata all'ISTAT, è stato fatto riferimento al "Manual on Government deficit and debt (MGDD), registrazione dei crediti fiscali, sezione 2.2.2" in cui si riporta la seguente delibera: "20. "Il SEC 2010 distingue due categorie di crediti d'imposta: 1) crediti d'imposta 'non esigibili' (noti anche come non rimborsabili), che sono quelli limitati all'importo del debito d'imposta durante l'esercizio (o più esercizi fiscali in cui è consentito il riporto). 28. "i crediti d'imposta non esigibili sono trattati come entrate fiscali negative e non come spese, saranno iscritti quando sono utilizzati a riduzione del debito d'imposta, incidendo sui conti per l'esatto ammontare utilizzato ogni anno";
l'interrogante rileva al riguardo che, alla luce di quanto riportato, gli effetti altamente negativi e penalizzanti dal punto di vista fiscale, nei confronti dell'Italia, in relazione alle indicazioni fornite dall'Ufficio statistico dell'Unione europea, oltre ad alimentare confusione (considerato il disordine generato tra sconti fiscali e sussidi inficiando le misure previste) evidenziano gravi responsabilità da parte dell'Istituto nazionale di statistica, in relazione alle argomentazioni infondate e pretestuose valutato che è stato considerato tale scenario come un sussidio che avrebbe dato luogo ad un aumento di spesa pubblica, rendendo le detrazioni "payable tax credit",
quali valutazioni il Ministro in indirizzo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto;
se non convenga che sia urgente e necessario rivedere l'impostazione fornita da ISTAT sulla classificazione delle detrazioni del "Transition plan 4.0", attraverso iniziative anche in sede europea, finalizzate a riconsiderare le impostazioni di EUROSTAT sulla natura delle detrazioni del "Transition plan 4.0", che erroneamente sono state classificate come "crediti fiscali pagabili", in quanto non danno luogo ad alcuna spesa dello Stato, ma, in realtà, l'unico impatto sul bilancio pubblico si configura attraverso la riduzione delle entrate future, fiscali o contributive;
quali iniziative di competenza intenda di conseguenza intraprendere, al fine di garantire un quadro normativo in relazione a quanto esposto, certo e comprensibile, considerata l'evidente falla determinatasi nella politica fiscale attualmente prevista nel nostro Paese, ed evitare il perpetuarsi di tale inefficienza, anche in relazione all'obiettivo di approvare in tempi rapidi il "Superbonus industria", che consente l'estensione della cessione del credito, misura particolarmente attesa dalle imprese, al fine di disporre della necessaria liquidità aggiuntiva.